martedì 25 settembre 2012

La Carangelo Costruzioni su Presenza Taurisanese



La CARANGELO COSTRUZIONI SU

Presenza Taurisanese, Luglio-Agosto 2012

Legge “salva-cave”, riciclaggio grande assente

Danilo Lupo in conversazione con Rocco Carangelo e Franco Bartucci di Legambiente
LECCE – TR NEWS, 14 giugno 2012. Vieni a scavare in Puglia, tanto è quasi gratis. Potrebbe essere riassunta così la legge che è in discussione a Bari, nel silenzio generale e da cui dipende il volto della campagna salentina e anche la salute di tutti noi. È la legge sulle attività estrattive, le cave che giorno dopo giorno si mangiano una porzione sempre più importante di territorio. È prevista per lunedì la prossima tappa nella discussione di una legge che, nonostante qualche passo in avanti, rischia di rappresentare una grande occasione sprecata. Perché nel braccio di ferro tra ambientalisti e industrialisti hanno – di fatto – vinto questi ultimi e soprattutto perché nulla viene previsto sulla vera grande risorsa, il riciclo. Qualche numero, partendo dalla provincia di Lecce: qui sono 104 le cave autorizzate, con l’estensione media più alta di tutta la Puglia, come rileva lo stesso report regionale. Ma a cosa servono questi 104 buchi che si mangiano le colline e divorano il sottosuolo? 70 di esse producono inerti, cioè materiale che viene frantumato per fabbricare cemento e calcestruzzo. Ovvero lo stesso materiale che oggi buttiamo in abbondanza. Quando va bene, legalmente in discarica. Quando va male, abusivamente in campagna.
“Vedo ancora tante imprese e tanti cittadini che scaricano abusivamente gli scarti delle demolizioni ovunque, contro ogni legge e contro l’ambiente e la salute” a dirlo è Rocco Carangelo, titolare di un’impresa tra Taurisano e Acquarica: terra di cave per eccellenza, dove le vecchie cave svuotate e abbandonate nella seconda metà del secolo scorso, ad est della provinciale hanno creato un paesaggio lunare. E dove è attiva e in esercizio un’enorme cava ancora ad ovest della stessa strada. Enormi buchi che consumano il suolo, risorsa limitata che ci stiamo giocando giorno dopo giorno. Eppure una soluzione diversa e virtuosa, un altro modo di reperire la stessa risorsa ci sarebbe ed ha a che fare proprio con l’attività di Carangelo, un’impresa di riciclaggio inerti.
“Noi recuperiamo gli scarti di demolizione, ma anche gli scavi dalle fondazioni di nuovi edifici – spiega – facciamo la selezione, eliminiamo le eventuali impurità presenti e approntiamo nuovi materiali che possono essere utilizzati nelle nuove costruzioni”. Qualche altro numero: nel 2010 in Italia sono stati estratti 130 milioni di metri cubi di materiale per produrre calcestruzzo e cemento. E nello stesso 2010 sono stati prodotti 55 milioni di metri cubi di scarti dall’edilizia. Una ricchezza enorme che buttiamo in discarica (quando va bene) o abbandoniamo nelle campagne (quando va male). E che potrebbe essere invece investita per limitare la voracità delle cave. Senza contare che poi quegli enormi buchi, alla fine della loro vita, vanno chiusi: “In Puglia – calcola Legambiente – le cave dismesse sono 550, una volta e mezza le cave attive. E troppo spesso in quei buchi si annidano le discariche abusive o le attività dell’ecomafia. Anche a questo possono servire gli scarti dell’edilizia”. “Il ripristino, l’ambientalizzazione e la messa in sicurezza delle vecchie cave è molto importante – aggiunge Carangelo – il materiale prodotto dagli scarti dell’edilizia può servire perfettamente anche a questo, a creare passeggiate e spazi verdi al posto di questi squarci”.
Belle, bellissime parole. Ma nella pratica? Qui arriviamo al disegno di legge sulle attività estrattive, che verrà approvato lunedì prossimo nelle Commissioni regionali industria ed ecologia. Una norma che – va detto – prevede un passo avanti: fino al 2010 scavare in Puglia era a costo zero, nel 2011 è stato approvato un primo regolamento che prevede un costo di estrazione al metro cubo, seppur minimo. Una sorta di “tassa di estrazione” confermata anche nel disegno di legge in discussione. È una  vittoria delle associazioni ambientaliste, Legambiente in primis, che hanno stoppato l’intenzione della Regione di far pagare i cavatori ad ettaro coltivato e non a metro cubo cavato. Ma una vittoria dimezzata, come spiega Francesco Bartucci, geologo di Legambiente Puglia: “Perché si paga ancora troppo poco – dice – e manca soprattutto un anello, quello del recupero degli scarti dell’edilizia”. Su questo fronte, infatti, la nuova norma non dice niente: “Né la Regione – aggiunge il geologo – ha accolto la proposta di autorizzare nuove cave solo dove non sono presenti impianti di recupero inerti”. Vale a dire che tra Taurisano ed Acquarica, ad esempio, non si potrebbero aprire nuovi crateri (oltre ai tanti già scavati), ma si dovrebbe far funzionare il ciclo virtuoso del riciclaggio. “Con le tariffe che verrebbero approvate dalla nuova legge, conviene più scavare pietra vergine che riciclare gli inerti – riassume Bartucci – eppure non ha senso cavare nuovo materiale per frantumarlo quando sono già disponibili gli scarti, per lo stesso uso”. E il paradosso finale, in tutto questo, è che una legge nazionale esiste da quasi dieci anni e obbligherebbe tutti gli enti locali a usare almeno il 30 % di materiale riciclato nelle nuove costruzioni.
“E’ materiale perfetto per i sottofondi stradali – esemplifica ancora Carangelo – ma anche per la tombatura di discariche, per la colmatura di vecchie cave e (con i dovuti trattamenti) per tutte le opere di edilizia: il materiale ci sarebbe, serve maggiore attenzione”. Di attenzione da parte degli enti locali, evidentemente, non ce n’è tanta. Sulla carta (il decreto 203 del 2003) il materiale riciclato da impiegare nelle opere pubbliche dovrebbe essere il 30 %. Nella pratica, la percentuale è prossima allo zero. E anche nella nuova legge rimane lettera morta quel decreto del 2003, firmato dal Ministro dell’ambiente, da quello dell’industria ma anche – attenzione – dal Ministro alla sanità: perché limitare le cave al necessario e impedire che le discariche abusive inquinino le campagne è un affare che riguarda la salute di tutti. Ma che, evidentemente, cozza contro un altro affare, quello della potente lobby del cemento e delle cave. Quest’ultima lamenta un calo degli utili. Innegabile: siamo lontani dai livelli stellari del 2008, quando le cave di Puglia fatturavano 234 milioni di euro. E però, nell’ultimo censimento, il comparto continua a valere 143 milioni. Qualche sforzo in più a favore dell’ambiente e della salute, la Regione – tutto sommato – potrebbe chiederlo.
Danilo Lupo
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Presenza Taurisanese, Settembre-Ottobre 2012

Sul riciclo dei materiali di scarto edilizio
“Recuperati e utilizzati secondo norma offrono anche prestazioni migliori”

La prima domanda che viene sul riciclo dei materiali rivenienti da demolizioni per la produzione di inerti in calcestruzzo, in sostituzione o in aggiunta al materiale tradizionale, il cosiddetto sabbione, è se poi i fabbricati realizzati sono allo stesso modo resistenti. Le tragiche conseguenze, cui abbiamo assistito in questi anni col crollo di intere strutture in seguito a terremoti, ci impongono scienza e coscienza, nella variabile che la prudenza non è mai troppa. La Ditta di Quintino Rocco Carangelo, che lavora nel settore, a cui avevamo espresso le nostre perplessità, ci ha fatto avere una relazione tecnica, che volentieri pubblichiamo nelle parti più rispondenti anche al carattere del nostro periodico, cercando di rispondere a taluni interrogativi.
Anzitutto il riutilizzo di questi materiali è di portata europea ed obbedisce a due criteri di fondo: pulizia dell’ambiente ed economicità delle opere. 

«La possibilità di utilizzare i rifiuti inerti derivanti da costruzioni e demolizioni è stata presa in considerazione dalla Commissione Edilizia dell’UNI, nell’ambito della quale è stato istituito nel 1996 il Gruppo di Lavoro GL7 “Rifiuti da Costruzione e demolizione”, ai fini della elaborazione di un progetto di pre-norma in edilizia per la definizione di “Linee guida finalizzate alla riduzione dei rifiuti di costruzione e demolizione nella progettazione di interventi edilizi”.
Tali raccomandazioni hanno duplice finalità: favorire l’introduzione o il reimpiego di materie prime secondarie in edifici di nuova costruzione e minimizzare la produzione di rifiuti non più riutilizzabili. A livello della Comunità Europea, grazie alla bozza prodotta dal comitato tecnico CEN/TC 154, è stato messo a punto nel 1996 un progetto di norma prEN 12620 dal titolo “Aggregates for concrete including those for use in roads and pavements” che specifica i requisiti a cui devono rispondere gli aggregati di origine naturale o artificiale o gli aggregati riciclati per poter essere usati nel confezionamento di calcestruzzi strutturali.
Più recentemente, il c.d. Testo Unico – Norme Tecniche per le Costruzioni (DM 14/09/2055), considera anche gli aggregati riciclati per confezionare conglomerati cementizi anche con resistenze strutturali, a condizione che le miscele vengano documentate e qualificate attraverso idonee prove di laboratorio. La norma definisce orientativamente le percentuali di aggregato riciclato da utilizzare in funzione della resistenza finale del calcestruzzo ottenuto, e prescrive il controllo dei processi di riciclo».

Questi materiali di recupero possono essere riutilizzati per qualsiasi inerte alla stregua dei materiali tradizionali?

«Quando si parla di materiali provenienti da recupero, generalmente si è portati a pensare ad aggregati con caratteristiche inferiori a quelle offerte dai materiali il cui uso sia ormai consueto e codificato. Spesso si tratta di materiali “fuori prescrizioni di norma” per i quali il recupero avviene mediante correzioni o stabilizzazioni, affinché si possano comunque raggiungere caratteristiche prestazionali che ne consentono l’utilizzo. I materiali di scarto edilizio, il cui recupero venga fatto in maniera adeguata, presentano caratteristiche prestazionali per molti aspetti di gran lunga superiori a quelle dei migliori misti naturali con una molteplicità di utilizzi nell’ambito delle costruzioni in terra in genere, delle costruzioni stradali, ferroviarie ed aeroportuali, delle costruzioni civili (magroni e calcestruzzi armati e non ), della prefabbricazione (elementi strutturali e di arredo stradale od ambientale) contemplando tutti i gradi di passaggio dagli aggregati non legati, ai misti legati, ai calcestruzzi ed ai conglomerati bituminosi. Occorre però verificare i requisiti, sotto i diversi aspetti della funzionalità, della durabilità, e della pratica fattibilità».

Quali sono i requisiti?

«Poiché notevoli sono i rischi di una cattiva esecuzione delle diverse fasi di riqualificazione del materiale si deve far ricorso ad un lavoro per così dire “certosino” eliminando tutte le sostanze estranee od inquinanti, come i metalli, la plastica, la carta, il legno e tutti gli altri elementi non idonei.
Condizioni prioritarie per esprimere valutazioni attendibili sul comportamento in esercizio sono inoltre l’omogeneità statistica e la costanza della composizione e della curva granulometrica. […]. Occorre inoltre conoscere approfonditamente e controllare frequentemente le caratteristiche dell’inerte prodotto, al fine di garantire un buon risultato nei diversi possibili campi di impiego. Per gli impieghi più nobili, si potrà far seguire alle fasi normali di frantumazione e trattamento, ulteriori fasi di più spinta selezione o di integrazione con altro materiale inerte o legante».

Chi garantisce la correttezza delle varie fasi di recupero, di lavorazione e di reimpiego di questi materiali?

«Il Dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade dell’Università di Roma “La Sapienza” ha eseguito nell’ultimo decennio, sotto l’impulso e la guida del Prof. Ing. Mariano Cupo-Pagano, una lunga serie di studi per la caratterizzazione del materiale ottenuto dagli impianti di trattamento e per la definizione della possibilità e dei limiti d’impiego e degli eventuali interventi correttivi e migliorativi per estenderne l’ambito di utilizzo, garantendo al contempo ottimali risultati. […]. L’Impresa Carangelo Quintino Rocco Costruzioni srlu, in collaborazione con il Consorzio CETMA di Brindisi, nello specifico con la divisione di Ingegneria dei Materiali e delle Strutture, che ha il compito di coordinare e svolgere attività di ricerca applicata e di ingegneria avanzata nel settore dei materiali avanzati, favorendo lo sviluppo dei prodotti e dei processi innovativi, e del coinvolgimento di professionisti di spicco quali  l’Ing. Orazio Manni, l’Ing. Paolo Corvaglia, e con la collaborazione dell’Università del Salento – Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione, con la collaborazione del Prof. Lorenzo Vasanelli, della Prof.ssa Maria Antonietta Aiello e della Prof.ssa Dr. Ing. Maria Enrica Frigione, ha posto le basi per l’avvio di un’attività di ricerca per mettere a punto materiali ad elevata eco-sostenibilità, grazie all’utilizzo di aggregati da riciclo, con aggiunte di materiali eco-sostenibili. Altra attività di ricerca implementata con gli stessi ricercatori, riguarda la lavorazione del materiale ottenuto dalla fresatura dei tratti stradali danneggiati in un apposito impianto per la miscelazione di conglomerati a freddo. Con l’utilizzo di tale macchina si potranno ottenere misti cementati, calcestruzzi, si potranno effettuare bonifiche di inerti e rigenerazioni di asfalti fresati, fermo restando il completamento delle strade con uno strato di tappetino di 2-3 cm.».

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