La CARANGELO COSTRUZIONI SU
Presenza Taurisanese, Luglio-Agosto 2012
Legge
“salva-cave”, riciclaggio grande assente
Danilo Lupo in conversazione con Rocco Carangelo e Franco Bartucci di
Legambiente
LECCE – TR NEWS, 14 giugno 2012. Vieni a
scavare in Puglia, tanto è quasi gratis. Potrebbe essere riassunta
così la legge che è in discussione a Bari, nel silenzio
generale e da cui dipende il volto della campagna salentina e anche la salute
di tutti noi. È la legge sulle attività estrattive, le cave
che giorno dopo giorno si mangiano una porzione sempre più importante di
territorio. È prevista per lunedì la prossima tappa nella discussione di una
legge che, nonostante qualche passo in avanti, rischia di rappresentare una
grande occasione sprecata. Perché nel braccio di ferro tra ambientalisti e
industrialisti hanno – di fatto – vinto questi ultimi e soprattutto perché
nulla viene previsto sulla vera grande risorsa, il riciclo.
Qualche numero, partendo dalla provincia di Lecce: qui sono 104
le cave autorizzate, con l’estensione media più alta di tutta la Puglia , come rileva lo
stesso report regionale. Ma a cosa servono questi 104 buchi che si mangiano le
colline e divorano il sottosuolo? 70 di esse producono inerti, cioè materiale
che viene frantumato per fabbricare cemento e calcestruzzo. Ovvero lo stesso
materiale che oggi buttiamo in abbondanza. Quando va bene, legalmente in
discarica. Quando va male, abusivamente in campagna.
“Vedo ancora tante imprese e tanti cittadini che
scaricano abusivamente gli scarti delle demolizioni ovunque, contro ogni legge
e contro l’ambiente e la salute” a dirlo è Rocco Carangelo, titolare di
un’impresa tra Taurisano e Acquarica: terra di cave per eccellenza,
dove le vecchie cave svuotate e abbandonate nella seconda metà del secolo
scorso, ad est della provinciale hanno creato un paesaggio lunare. E dove è
attiva e in esercizio un’enorme cava ancora ad ovest della stessa strada.
Enormi buchi che consumano il suolo, risorsa limitata che ci stiamo giocando
giorno dopo giorno. Eppure una soluzione diversa e virtuosa, un altro modo di
reperire la stessa risorsa ci sarebbe ed ha a che fare proprio con l’attività
di Carangelo, un’impresa di riciclaggio inerti.
“Noi recuperiamo gli scarti di demolizione, ma
anche gli scavi dalle fondazioni di nuovi edifici – spiega – facciamo la
selezione, eliminiamo le eventuali impurità presenti e approntiamo nuovi
materiali che possono essere utilizzati nelle nuove costruzioni”. Qualche altro
numero: nel 2010 in
Italia sono stati estratti 130 milioni di metri cubi di materiale per produrre
calcestruzzo e cemento. E nello stesso 2010 sono stati prodotti 55 milioni di
metri cubi di scarti dall’edilizia. Una ricchezza enorme che buttiamo in
discarica (quando va bene) o abbandoniamo nelle campagne (quando va male). E
che potrebbe essere invece investita per limitare la voracità delle cave. Senza
contare che poi quegli enormi buchi, alla fine della loro vita, vanno chiusi:
“In Puglia – calcola Legambiente – le cave dismesse sono 550, una volta e mezza
le cave attive. E troppo spesso in quei buchi si annidano le discariche abusive
o le attività dell’ecomafia. Anche a questo possono servire gli scarti
dell’edilizia”. “Il ripristino, l’ambientalizzazione e la messa in
sicurezza delle vecchie cave è molto importante – aggiunge Carangelo – il materiale
prodotto dagli scarti dell’edilizia può servire perfettamente anche a questo, a
creare passeggiate e spazi verdi al posto di questi squarci”.
Belle, bellissime parole. Ma nella pratica? Qui
arriviamo al disegno di legge sulle attività estrattive, che verrà approvato
lunedì prossimo nelle Commissioni regionali industria ed ecologia. Una norma
che – va detto – prevede un passo avanti: fino al 2010 scavare in Puglia era a
costo zero, nel 2011 è stato approvato un primo regolamento che prevede un
costo di estrazione al metro cubo, seppur minimo. Una sorta di “tassa
di estrazione” confermata anche nel disegno di legge in discussione. È
una vittoria delle associazioni ambientaliste, Legambiente in primis, che
hanno stoppato l’intenzione della Regione di far pagare i cavatori ad ettaro
coltivato e non a metro cubo cavato. Ma una vittoria dimezzata, come spiega Francesco
Bartucci, geologo di Legambiente Puglia: “Perché si paga ancora troppo
poco – dice – e manca soprattutto un anello, quello del recupero degli scarti
dell’edilizia”. Su questo fronte, infatti, la nuova norma non dice niente: “Né la Regione – aggiunge il
geologo – ha accolto la proposta di autorizzare nuove cave solo dove non sono
presenti impianti di recupero inerti”. Vale a dire che tra Taurisano ed
Acquarica, ad esempio, non si potrebbero aprire nuovi crateri (oltre ai tanti
già scavati), ma si dovrebbe far funzionare il ciclo virtuoso del riciclaggio.
“Con le tariffe che verrebbero approvate dalla nuova legge, conviene più
scavare pietra vergine che riciclare gli inerti – riassume Bartucci – eppure
non ha senso cavare nuovo materiale per frantumarlo quando sono già disponibili
gli scarti, per lo stesso uso”. E il paradosso finale, in tutto questo, è che
una legge nazionale esiste da quasi dieci anni e obbligherebbe tutti gli enti
locali a usare almeno il 30 % di materiale riciclato nelle nuove costruzioni.
“E’ materiale perfetto per i sottofondi stradali
– esemplifica ancora Carangelo – ma anche per la tombatura di discariche, per
la colmatura di vecchie cave e (con i dovuti trattamenti) per tutte le opere di
edilizia: il materiale ci sarebbe, serve maggiore attenzione”. Di attenzione da
parte degli enti locali, evidentemente, non ce n’è tanta. Sulla carta (il
decreto 203 del 2003) il materiale riciclato da impiegare nelle opere pubbliche
dovrebbe essere il 30 %. Nella pratica, la percentuale è prossima allo zero. E
anche nella nuova legge rimane lettera morta quel decreto del 2003, firmato dal
Ministro dell’ambiente, da quello dell’industria ma anche – attenzione – dal
Ministro alla sanità: perché limitare le cave al necessario e impedire che le
discariche abusive inquinino le campagne è un affare che riguarda la salute di
tutti. Ma che, evidentemente, cozza contro un altro affare, quello della potente
lobby del cemento e delle cave. Quest’ultima lamenta un calo degli utili.
Innegabile: siamo lontani dai livelli stellari del 2008, quando le cave di
Puglia fatturavano 234 milioni di euro. E però, nell’ultimo censimento, il
comparto continua a valere 143 milioni. Qualche sforzo in più a favore
dell’ambiente e della salute, la
Regione – tutto sommato – potrebbe chiederlo.
Danilo
Lupo
***
Presenza Taurisanese,
Settembre-Ottobre 2012
Sul riciclo dei materiali di scarto edilizio
“Recuperati e utilizzati secondo norma offrono anche prestazioni
migliori”
La prima domanda che viene sul
riciclo dei materiali rivenienti da demolizioni per la produzione di inerti in
calcestruzzo, in sostituzione o in aggiunta al materiale tradizionale, il
cosiddetto sabbione, è se poi i fabbricati realizzati sono allo stesso modo
resistenti. Le tragiche conseguenze, cui abbiamo assistito in questi anni col
crollo di intere strutture in seguito a terremoti, ci impongono scienza e
coscienza, nella variabile che la prudenza non è mai troppa. La Ditta di Quintino Rocco
Carangelo, che lavora nel settore, a cui avevamo espresso le nostre
perplessità, ci ha fatto avere una relazione tecnica, che volentieri pubblichiamo
nelle parti più rispondenti anche al carattere del nostro periodico, cercando
di rispondere a taluni interrogativi.
Anzitutto il riutilizzo di questi
materiali è di portata europea ed obbedisce a due criteri di fondo: pulizia
dell’ambiente ed economicità delle opere.
«La possibilità di utilizzare i
rifiuti inerti derivanti da costruzioni e demolizioni è stata presa in
considerazione dalla Commissione Edilizia dell’UNI, nell’ambito della quale è
stato istituito nel 1996 il Gruppo di Lavoro GL7 “Rifiuti da Costruzione e
demolizione”, ai fini della elaborazione di un progetto di pre-norma in
edilizia per la definizione di “Linee guida finalizzate alla riduzione dei
rifiuti di costruzione e demolizione nella progettazione di interventi
edilizi”.
Tali raccomandazioni hanno
duplice finalità: favorire l’introduzione o il reimpiego di materie prime
secondarie in edifici di nuova costruzione e minimizzare la produzione di
rifiuti non più riutilizzabili. A livello della Comunità Europea, grazie alla
bozza prodotta dal comitato tecnico CEN/TC 154, è stato messo a punto nel 1996
un progetto di norma prEN 12620 dal titolo “Aggregates
for concrete including those for use in roads and pavements” che specifica
i requisiti a cui devono rispondere gli aggregati di origine naturale o
artificiale o gli aggregati riciclati per poter essere usati nel
confezionamento di calcestruzzi strutturali.
Più recentemente, il c.d. Testo
Unico – Norme Tecniche per le Costruzioni (DM 14/09/2055), considera anche gli
aggregati riciclati per confezionare conglomerati cementizi anche con
resistenze strutturali, a condizione che le miscele vengano documentate e
qualificate attraverso idonee prove di laboratorio. La norma definisce
orientativamente le percentuali di aggregato riciclato da utilizzare in
funzione della resistenza finale del calcestruzzo ottenuto, e prescrive il
controllo dei processi di riciclo».
Questi materiali di recupero
possono essere riutilizzati per qualsiasi inerte alla stregua dei materiali
tradizionali?
«Quando si parla di materiali
provenienti da recupero, generalmente si è portati a pensare ad aggregati con
caratteristiche inferiori a quelle offerte dai materiali il cui uso sia ormai
consueto e codificato. Spesso si tratta di materiali “fuori prescrizioni di
norma” per i quali il recupero avviene mediante correzioni o stabilizzazioni,
affinché si possano comunque raggiungere caratteristiche prestazionali che ne
consentono l’utilizzo. I materiali di scarto edilizio, il cui recupero venga
fatto in maniera adeguata, presentano caratteristiche prestazionali per molti
aspetti di gran lunga superiori a quelle dei migliori misti naturali con una
molteplicità di utilizzi nell’ambito delle costruzioni in terra in genere,
delle costruzioni stradali, ferroviarie ed aeroportuali, delle costruzioni
civili (magroni e calcestruzzi armati e non ), della prefabbricazione (elementi
strutturali e di arredo stradale od ambientale) contemplando tutti i gradi di
passaggio dagli aggregati non legati, ai misti legati, ai calcestruzzi ed ai conglomerati
bituminosi. Occorre però verificare i requisiti, sotto i diversi aspetti della
funzionalità, della durabilità, e della pratica fattibilità».
Quali sono i requisiti?
«Poiché notevoli sono i rischi di
una cattiva esecuzione delle diverse fasi di riqualificazione del materiale si
deve far ricorso ad un lavoro per così dire “certosino” eliminando tutte le
sostanze estranee od inquinanti, come i metalli, la plastica, la carta, il
legno e tutti gli altri elementi non idonei.
Condizioni prioritarie per
esprimere valutazioni attendibili sul comportamento in esercizio sono inoltre
l’omogeneità statistica e la costanza della composizione e della curva
granulometrica. […]. Occorre inoltre conoscere approfonditamente e controllare
frequentemente le caratteristiche dell’inerte prodotto, al fine di garantire un
buon risultato nei diversi possibili campi di impiego. Per gli impieghi più
nobili, si potrà far seguire alle fasi normali di frantumazione e trattamento,
ulteriori fasi di più spinta selezione o di integrazione con altro materiale
inerte o legante».
Chi garantisce la correttezza
delle varie fasi di recupero, di lavorazione e di reimpiego di questi
materiali?
«Il Dipartimento di Idraulica,
Trasporti e Strade dell’Università di Roma “La Sapienza ” ha eseguito
nell’ultimo decennio, sotto l’impulso e la guida del Prof. Ing. Mariano
Cupo-Pagano, una lunga serie di studi per la caratterizzazione del materiale
ottenuto dagli impianti di trattamento e per la definizione della possibilità e
dei limiti d’impiego e degli eventuali interventi correttivi e migliorativi per
estenderne l’ambito di utilizzo, garantendo al contempo ottimali risultati.
[…]. L’Impresa Carangelo Quintino Rocco Costruzioni srlu, in collaborazione con
il Consorzio CETMA di Brindisi, nello specifico con la divisione di Ingegneria
dei Materiali e delle Strutture, che ha il compito di coordinare e svolgere
attività di ricerca applicata e di ingegneria avanzata nel settore dei
materiali avanzati, favorendo lo sviluppo dei prodotti e dei processi innovativi,
e del coinvolgimento di professionisti di spicco quali l’Ing. Orazio Manni, l’Ing. Paolo Corvaglia,
e con la collaborazione dell’Università del Salento – Dipartimento di
Ingegneria dell’Innovazione, con la collaborazione del Prof. Lorenzo Vasanelli,
della Prof.ssa Maria Antonietta Aiello e della Prof.ssa Dr. Ing. Maria Enrica
Frigione, ha posto le basi per l’avvio di un’attività di ricerca per mettere a
punto materiali ad elevata eco-sostenibilità, grazie all’utilizzo di aggregati
da riciclo, con aggiunte di materiali eco-sostenibili. Altra attività di
ricerca implementata con gli stessi ricercatori, riguarda la lavorazione del
materiale ottenuto dalla fresatura dei tratti stradali danneggiati in un
apposito impianto per la miscelazione di conglomerati a freddo. Con l’utilizzo
di tale macchina si potranno ottenere misti cementati, calcestruzzi, si
potranno effettuare bonifiche di inerti e rigenerazioni di asfalti fresati,
fermo restando il completamento delle strade con uno strato di tappetino di 2-3 cm .».
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